Comune di Mirano - Venezia
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Villa Angeloni

Villa Angeloni, ora I Maggio, è attulamente proprietà del comune. Appartiene a un notevole complesso di origine seicentesca, descritto in una mappa del 1697 nelle sue forme originali: l'edificio principale risulta alto solo due piai, manca della parte di struttura ad est, mentre quella occidentale appare più sviluppata in lunghezza. La costruzione è stata risrutturata ed ampliata verso la meta del 1700 per la volontà dei proprietari, la famiglia Angeloni, che fecero apportare delle modifiche sostanziali alla villa, al porticato, alle barchesse e alle case dei massari. Intorno al 1780 vengono compiuti dei lavori in occasione dei quali viene chiamato Giandomenico Tiepolo a relizzare l'affresco ovale sul soffitto della prima stanza a destra del salone del piano terra, dove incorniciato da un profilo di stucco è dipinto Il Merito e due figure allegoriche

Il Merito, la Nobiltà e la Virtù

Giandomenico Tiepolo
Il Merito, la Nobiltà e la Virtù.
Affresco
L'affresco costituisce probabilmente solo la parte residua di una decorazione più vasta, che doveva interessare anche altri ambienti dell'edificio. Il soggettto allegorico, genericamente celebrativo dei committenti, riunisce in un accostamento usuale le raffigurazione del Merito, vecchio barbuto vestito con ricchi abiti, coronato d'alloro con il libro e lo scettro, che appare su uno sfondo roccioso, della Nobiltà contraddistinta dalla statuetta di Minerva, e della Virtù riconoscibile nella figura alata con la corona e la lancia. Il lavoro è databile all'ultimo decennio del settecento per confronto con un'opera di analogo soggetto e struttura compositiva, realizzata da Giandomenico per palazzo Caragiani a Venezia. Nel disporre le tre figure il pittore adotta in forma semplificata uno schema compositivo inventato dal padre: una figura, in questo caso il Merito è vista di scorcio all'estremità del dipinto per conferire un effetto di profondità al cielo. mentre le altre due, abbracciate, appaiono sospese tra le nuvole.
L'esito non particolarmente brillante dell'opera, accentuato anche dalle condizioni di conservazione compromesse, è dovuto alla difficoltà di Giandomenico di aderire a un tema celebrativo vhe tanto era consono alla fantasia del padre, quanto era estraneo alla sua visione pittorica, volta all'osservazione della realtà.


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