DA GUTTUSO AL DIO DEL TUONO SHANGO
“Da Guttuso al dio del tuono Shango”: con questa esposizione, che illustra due importanti e diverse raccolte, arte moderna e arte africana, il Comune di Mirano (Venezia) rende omaggio al suo concittadino Vittorio Meneghelli, “giovane novantenne” stabilitosi da molti anni in Sud Africa, dotato di quella eclettica e vivacissima intelligenza che riesce brillantemente a fagocitare innumerevoli interessi; imprenditoria, commercio, poesia, arte e collezionismo. La mostra è stata inaugurata il 29 marzo u.s. nella settecentesca Barchessa della Villa Giustinian Morosini. In occasione dell’inaugurazione sabato 29 marzo sono state consegnate le chiavi della città di Mirano a Vittorio Meneghelli come segno di gratitudine per l'amore verso l'arte, la cultura e la sua città natale. Vittorio Meneghelli, imprenditore-collezionista nato a Mirano nel 1915 e che dal 1949 vive in Sudafrica, è figlio dell’omonimo docente di Economia e Commercio dell’Università di Venezia e nella storia del collezionismo italiano occupa di diritto un posto da protagonista, e questa mostra ne rivela l’intuito per il nuovo e la capacità di intrecciare con gli artisti rapporti di amichevole e solidale frequentazione. In questa esposizione, sotto la direzione di Mario Esposito e curata da Isabella Reale e Vittorio Carini, per la prima volta oltre a straordinarie opere inedite si presenta il nucleo fondante della sua collezione, nata a partire dal 1942 attraverso il rapporto privilegiato come amico, confidente e committente, che lo legò ad Alberto Viani, conosciuto nel 1942 a Mestre. Lo scultore fu il tramite per la conoscenza dell’ambiente artistico veneziano di quegli anni, un ambiente particolarmente aperto e vivace per i nuovi linguaggi che, nonostante gli anni difficili della guerra, vi si sperimentavano, e che avrebbero dato luogo alla nascita della Nuova Secessione Artistica Italiana e quindi del Fronte Nuovo delle Arti. In pochi anni, partendo da una raccolta di disegni, le pareti di casa Meneghelli a Mirano, aperte alla convivialità e agli incontri, si riempiono di dipinti di Afro Basaldella, Renato Birolli, Giuseppe Santomaso, Armando Pizzinato, di vivacissimi schizzi di Emilio Vedova oltre che di tante testimonianze di altri artisti, sotto l’occhio acuto di critici come Giuseppe Marchiori e Umbro Apollonio, e di un nucleo straordinario composto da sette sculture e da un folto gruppo di disegni di Alberto Viani. Altre opere ben presto si aggiungono a testimoniare il gusto di Meneghelli per la ricerca d’avanguardia, oltre a un bronzo di Mirko Basaldella, dipinti di Renato Guttuso, Bruno Cassinari, Mario Mafai e dello stesso Renanto Birolli, attestando l’interesse per il fronte antinovecentista milanese e romano e in particolare i legami col gruppo di Corrente. Una collezione dunque che documenta un momento particolarmente felice della ricerca artistica italiana, entrando nel vivo del dibattito in corso tra espressionismo, cubismo e primo astrattismo, e annoverando alcuni capolavori come il Ragazzo con cornice di Guttuso, del 1938, e in particolare la forte passione di Meneghelli per le raffinatezze cromatiche di Afro, documentato con opere datate dal 1942 fino al 1970, e per l’arte decantata di Viani di cui fu il principale collezionista, a partire dal Nudo seduto del 1940, al grande Nudo in marmo del 1945, da lui appositamente commissionato, fino alle grandi Bagnanti in bronzo degli ultimi anni. La sequenza storica delle quaranta opere in mostra si ferma idealmente al momento della sua partenza dall’Italia, nel 1949, ma la collezione continuò a crescere seguendo, seppure dalla lontana Africa, le vicende della contemporaneità, sia per l’arte italiana che per l’arte europea, affiancandosi in seguito a una nuova passione, quella per l’arte africana primitiva, certo sviluppata anche grazie al gusto anti-classico e anticonvenzionale maturato a stretto contatto con gli sperimentalismi dei suoi amici artisti degli anni veneziani. A metà circa del XX secolo, inizia i suoi viaggi di ricerca di oggetti nei Paesi dell’Africa Nera, raccogliendo innumerevoli esemplari, alcuni di assoluta valenza qualitativa. In particolare, non si può fare a meno di citare due capolavori, splendide testimonianze di cultura della popolazione Yoruba (Nigeria), come il pilastro scolpito raffigurante una maternità, dal viso cosparso di bianco caolino in magnifico contrasto con il corpo bruno/nero, proveniente dal tempio dell’Orisa (divinità) Shango, il potente dio del tuono e della folgore, della città di Ibadan, Nigeria. Questo pilastro figura anche su una storica e rara immagine fotografica scattata in loco nel lontano 1910 dall’antropologo e studioso tedesco Frobenius; e ancora, un altro pilastro di tempio, con figura femminile e quattro personaggi minori, dedicato ad Oya, divinità, moglie del dio Shango, attribuibile al Maestro scultore Aerogun, un’opera realizzata con grande vigore esecutivo e sublime raffinatezza. Di notevole interesse è anche la commovente serie di piccoli gemelli in legno, chiamati ibeji, che venivano scolpiti in sostituzione dei gemelli defunti affinché le loro anime non vagassero disperate. Della vasta collezione africana di Vittorio Meneghelli, vengono esposte qui circa un centinaio di opere di grande fascino tra cui, oltre a sculture e maschere, anche oggetti attinenti alla cultura materiale, quali: terracotte Zulu, tessuti e gioielli rari, comprese antiche perle in vetro (le conterie), “di ritorno” poiché provenienti in origine da Venezia, e usate poi nel corso di secoli come ambita merce di scambio in tutto il Continente Nero. La mostra, allestita dall’architetto Gianni Pauletto, è accompagnata da un catalogo riccamente illustrato con saggi di Isabella Reale per la sezione arte contemporanea, e di Vittorio Carini per la collezione di arti africane.
Da Guttuso al dio del tuono Shango MIRANO (VENEZIA), Barchessa di Villa Giustinian Morosini Orario di apertura della mostra: Biglietto d’ingresso: Informazioni: |
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